IGV: Quando l’intervento chirurgico è necessario o da preferire
L’introduzione e la diffusione dell’aborto farmacologico in Italia hanno rappresentato una tappa fondamentale nella lotta per l’autodeterminazione dei nostri corpi. La possibilità di interrompere una gravidanza in modo meno invasivo, più intimo e de-ospedalizzato è una conquista che va difesa e ampliata. Tuttavia, in un’ottica di scelta informata e consapevole, è cruciale fare chiarezza: l’aborto farmacologico, pur essendo spesso la metodica preferita, non è sempre possibile. Esistono precise controindicazioni mediche e situazioni in cui l’intervento chirurgico non solo è l’unica via percorribile, ma può rappresentare la scelta migliore per la persona.
Conoscere questi scenari non significa sminuire il valore della RU486, ma al contrario, rafforzare il nostro diritto a un’informazione completa per poter decidere liberamente e in sicurezza del nostro corpo e della nostra salute.
I limiti dell’aborto farmacologico: Quando la pillola non è un’opzione
Innanzitutto, esiste un limite temporale ben definito: in Italia, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) con metodo farmacologico è possibile fino alla nona settimana di gestazione (63 giorni dall’inizio dell’ultima mestruazione). Superato questo termine, l’unica opzione prevista dalla legge 194/78 per l’interruzione volontaria entro i 90 giorni è quella chirurgica.
Oltre al fattore tempo, esistono delle controindicazioni mediche assolute, ovvero condizioni di salute che escludono a priori la possibilità di ricorrere al metodo farmacologico. Tra queste troviamo:
- Gravidanza extrauterina: Se la gravidanza si è impiantata fuori dall’utero (solitamente nelle tube), i farmaci per l’aborto sono inefficaci e potenzialmente molto pericolosi. È una condizione che va diagnosticata con un’ecografia prima di avviare qualsiasi procedura.
- Allergia ai principi attivi: Una rara ma seria controindicazione è l’ipersensibilità al mifepristone o al misoprostolo, i due farmaci utilizzati.
- Patologie specifiche: Alcune malattie come l’insufficienza renale o surrenalica cronica, l’asma grave non controllata dalla terapia e la porfiria ereditaria sono incompatibili con l’assunzione di questi farmaci.
- Patologie della coagulazione: In caso di disturbi della coagulazione o se si sta seguendo una terapia anticoagulante, il rischio di emorragie gravi rende sconsigliabile la procedura farmacologica.
- Presenza di un dispositivo intrauterino (IUD): La spirale deve essere rimossa prima di poter procedere con l’aborto farmacologico.
Esistono poi delle controindicazioni relative, che vengono valutate caso per caso dal personale medico, come la presenza di diabete complicato, malformazioni uterine o fibromi di grandi dimensioni, o per le fumatrici con più di 35 anni.
Quando l’aborto chirurgico è da preferire: Non solo una scelta obbligata
Se l’aborto farmacologico fallisce, ovvero l’espulsione non avviene in modo completo (un’eventualità che si verifica in circa il 2-5% dei casi), si rende necessario un intervento chirurgico, solitamente un’isterosuzione, per svuotare la cavità uterina e prevenire infezioni o emorragie.
Ma ci sono anche situazioni in cui, pur rientrando nei limiti temporali e in assenza di controindicazioni, l’aborto chirurgico può essere una scelta preferibile. È fondamentale che ogni persona venga informata di tutti gli aspetti per poter decidere in base alle proprie esigenze personali, emotive e pratiche.
- Certezza e rapidità: L’intervento chirurgico, eseguito in anestesia locale o generale in regime di day hospital, si conclude in pochi minuti. Offre una risoluzione immediata, a differenza del metodo farmacologico che implica un processo più lungo, che si svolge nell’arco di alcuni giorni e che la persona vive in modo più cosciente.
- Gestione del dolore e dell’esperienza emotiva: Per alcune, la prospettiva di gestire a casa il dolore, i crampi e il sanguinamento, che possono essere anche intensi, può essere fonte di ansia. L’intervento chirurgico, avvenendo in sedazione profonda, elimina il dolore durante la procedura. Inoltre, esclude la possibilità di vedere il prodotto del concepimento, un aspetto che per alcune può essere emotivamente difficile da affrontare.
- Fattori logistici e personali: Non tutte hanno la possibilità di vivere il processo dell’aborto farmacologico in un ambiente confortevole e con il supporto necessario. La necessità di recarsi più volte in ospedale e la gestione dei sintomi a casa possono essere un ostacolo. L’intervento chirurgico, concentrandosi in un unico accesso ospedaliero, può essere più pratico per chi ha impegni lavorativi o familiari non derogabili.
Per una Scelta Libera e Informata
La scelta tra aborto farmacologico e chirurgico, quando entrambe le opzioni sono praticabili, è una scelta personale che merita rispetto e che deve essere supportata da un sistema sanitario accessibile e non colpevolizzante.